24 Feb La psicoanalisi interpreta l’attualità
La psicoanalisi è morta? No, ma deve sapersi adattare ai tempi. Al convegno "La psicoanalisi interprete del tempo presente" si sono affrontati diversi approcci sulle capacità evolutive di questa scienza e sulla sua “adeguatezza” al presente. Qualcuno resta molto legato a modelli classici che ritiene intangibili, altri pensano che tutta la psicoanalisi andrebbe rivoluzionata in seguito ai cambiamenti avvenuti nella nostra società e alla globalizzazione che ha travolto il potere delle istituzioni tradizionali. In definitiva, la maggioranza ritiene che si debba seguire un approccio mediano, mettendo in discussione le teorie ma non il metodo, che è investigazione delle realtà umane e che può valere in qualsiasi contesto storico e sociale.
«Ciclicamente», sostiene Angelo Bonaminio di Nostos, «il mondo della psicoanalisi si interroga sulle sua capacità di adattamento. È successo quando dai pazienti nevrotici si è passati a curare i pazienti psicotici. Poi quando ci siamo approcciati agli adolescenti e ai bambini. La conclusione è sempre stata che il metodo di studio restava valido, ma bisognava uscire da schemi e modelli precostituiti». Quali sono le novità che costituiscono la maggiore sfida per gli psicoanalisti? «Senz’altro il rapporto con le tecnologie digitali, sul quale in Italia si lavora ancora poco, mentre in Francia c’è molta attenzione già dai primi anni Duemila. Lo dimostra il fatto che anche al convegno l’argomento è stato solo accennato, mentre sono stati affrontati altri temi comunque molto interessanti, come il fenomeno della radicalizzazione e del terrorismo e come la possibilità di curare con la psicoanalisi i pesanti traumi subiti dai profughi». Nel primo dei due casi, i partecipanti si sono chiesti se i combattenti jihadisti e i torturatori dei regimi dittatoriali tendono a deumanizzare le loro vittime per poterle colpire o se piuttosto creano un legame empatico forte per poi esercitare il loro sadismo. «Credo che entrambe le teorie possano essere valide», continua Bonaminio, «La deumanizzazione mi sembra propria del combattente o del kamikaze che si fa esplodere in Siria o in Iraq. Il sadismo si percepisce di più nella figura del torturatore, ma anche in coloro che hanno organizzato attentati di vasta scala nelle città europee». Per quanto riguarda i profughi, l’opinione più diffusa è che anche i loro traumi si possano affrontare con un metodo ai indagine come la psicoanalisti, adottando modelli elastici.
Infine il promotore del convegno Maurizio Balsamo, docente universitario a Napoli e a Parigi, ha lanciato il progetto di un laboratorio transnazionale sull’evoluzione della psicoanalisi. L’idea è di aprirsi al maggior numero possibile di punti di vista, mettendo insieme l’esperienza maturata da psicoanalisti di ogni parte del mondo e ragionare sulle modifiche in atto. A partire anche da una revitalizzazione della psicoanalisi all’Università, che lo stesso Balsamo ha avviato alla “Federico II” organizzando seminari mensili – aperti a tutti – sulle sfide della psicoanalisi.